martedì 6 settembre 2011

Perché il Castagno si infuriò

In questi giorni di fine estate si stanno concludendo feste e sagre. Siamo in una atmosfera medievale da gioco, tornei e contrade. Se entriamo in contatto con questo mondo di manifestazioni storico-rievocative e cerimonie religiose, ci rendiamo conto che il castagno è stato proprio uno dei protagonisti storici del Medioevo. Nell’area dei Cimini, in particolare, questo albero ha dato vita alla trasformazione di un paesaggio silvo-pastorale in un ambiente produttivo e coltivato, già all’inizio dell’anno 1000. Con il castagno sono cresciute generazioni e generazioni di uomini e donne, per secoli.
Se l’albero del castagno è stato così centrale, vi chiederete, perché allora il nostro castagno è furioso. Perché?
Bisogna fare un passo indietro, evitando di creare indizi falsi o veri. Qualcuno infatti diceva che a “furia di creare indizi si rischia di diventare gamberi”. Facciamo allora solo un passo indietro per guardare da un’altra prospettiva.
Il castagno è prima di tutto un albero, non una macchina produttiva (e ringraziamo l’amico per Paolo per averci suggerito il termine ‘macchina’). Oggi, l’albero del castagno è infestato da un insetto, il cinipide, che crea gravi danni alla produzione di frutti e negli accrescimenti legnosi. Domani forse da un altro insetto che, secondo le stime, sarà ancora più dannoso.
Il movimento di persone che con questo blog e questa pagina di facebook accoglie la ‘furia’ del castagno, legittima, non ritiene opportuno fare un processo al cinipide né a qualsiasi altro insetto. Il nostro movimento non cerca di individuare un capro espiatorio. La letteratura giudiziaria è piena di storie di questo tipo, e, francamente a noi non interessano. Solo per fare un esempio si ricorderà che nella Grecia classica furono addirittura istruiti processi contro statue o edifici, contro oggetti quindi. Per non dire poi, a proposito degli insetti, che a partire dalla diatriba tra cicala e formica fino alle mosche e alle cavallette bibliche il panorama allegorico è quanto mai ampio. E poi ci sono addirittura i casi di scomunica verso i maggiolini che infestano la città di Avignone nel 1320 o il processo contro il Rychites auratus che attacca i vigneti di una località vicino al Moncenisio, nel 1545. Ecco tutto questo non interessa al Castagnofurioso.
Bisogna distinguere tra la sopravvivenza dell’albero antico e la produttività. Entrambe le cose sono importanti. E comprendiamo che le due sono profondamente legate, per il semplice fatto che la coltura del castagno ha dato vita ad una cultura e a un modello di vita rurale per anni e anni. Prima di tutto, però, il castagno è un albero e non una macchina produttiva. Senza la salvaguardia del castagno, dell’albero, non c’è e non ci potrà più essere neanche la produzione e una cultura rurale del castagno.
Ecco perché questo movimento. Siamo cittadini che amano gli alberi. Ecco perché il castagno è furioso.

DIVENTIAMO AMICI DEL CASTAGNOFURIOSO