lunedì 12 settembre 2011

Gli alberi sono forse una macchina? Anche una macchina potrebbe dire ‘io’, ma non diventa per questo un organismo vivente


“Da tre anni piantava alberi in quella solitudine. Ne aveva piantati centomila. Di centomila, ne erano spuntati ventimila. Di quei ventimila, contava di perderne ancora la metà, a causa dei roditori o di tutto quel che c’è di imprevedibile nei disegni della Provvidenza. Restavano diecimila querce che sarebbero cresciute in quel posto dove prima non c’era nulla.
Bouffier aveva piantato, un anno, più di diecimila aceri. Morirono tutti. L’anno dopo, abbandonò gli aceri per riprendere i faggi che riuscirono ancora meglio delle querce.
Nel 1935, una vera e propria delegazione governativa venne a esaminare la foresta naturale. C’era un pezzo grosso delle Acque e Foreste, un deputato, dei tecnici. Fu deciso di fare qualcosa e, fortunatamente, non si fece nulla, tranne l’unica cosa utile: mettere la foresta sotto la tutela dello stato e proibire che si venisse a farne carbone. Perché era impossibile non restare soggiogati dalla bellezza di quei giovani alberi in piena salute”.

Jean Giono
“L’uomo che piantava gli alberi”